5 tipologie di tachicardia, tra emozioni ed eccitazione del cuore

Il sistema cardiaco è di fondamentale importanza per tutto l’apparato organico dell’uomo, il centro di tutte le attività in quanto il cuore è il motore che pompa il sangue in tutto il resto dl corpo. La tachicardia è sicuramente conosciuta soprattutto per la sua metafora per quanto riguarda le emozioni: quando si prova paura il cuore batte più forte, quando si è innamorati il cuore accelera il suo battito e così via.

Ma al di là delle emozioni, la tachicardia è una vera e propria patologia, che a volte può presentarsi anche sotto forme più gravi e che non va mai sottovalutata.

Che cos’è la tachicardia?

Il termine tachicardia deriva dal greco antico, più precisamente dalla parola tachys, che significa accelerato, rapido, unita alla parola kardia, ossia del cuore. La parola tachicardia, indica quando la frequenza cardiaca, si intende anche il cuore a riposo, aumenta il suo numero di battiti, superando il limite di 100 al minuto in un individuo adulto.

Il ciclo cardiaco è regolato dalla velocità degli impulsi elettrici che vengono distribuiti nelle regioni del miocardio, questi impulsi sono controllati da un vero e proprio “sistema elettrico”, un apparato molto complesso conosciuto con il nome di sistema di eccito – conduzione. La costituzione di questo sistema è schematica, infatti l’apparato presenta una vera e propria centralina, che si trova sul nodo del seno, che emana impulsi generando automaticamente una rete elettrica, conosciuta con il termine di sistema di conduzione. Questo sistema trasmette gli impulsi a tutte le cellule miocardiche funzionali alle contrazioni cardiache.

Quando si manifestano problemi a livello delle reti elettriche o della centralina, la frequenza cardiaca può rallentare e scendere, questo fenomeno è conosciuto con il nome di bradicardia. Quando la frequenza aumenta e il numero di battiti sale, si parla di tachicardia.

La bradicardia è una condizione particolare rilevata soprattutto negli sportivi e nei soggetti giovani, se non supera certi limiti non assume un significato patologico. La tachicardia invece, è nella maggior parte dei casi una spia che indica che c’è qualcosa che non va, per vari motivi, e bisogna stare molto attenti perché potrebbe costituire un principio di malattia, soprattutto in condizioni particolari che analizzeremo.

Sono varie le malattie che producono come effetto l’aumento della frequenza cardiaca: l’anemia, la febbre, l’ipertiroidismo, e tante altre. Quando si verifica che non ci sono motivi e ragioni patologiche identificabili con questo tipo di aumento della frequenza cardiaca, significa che può essere dovuta ad una elevata stimolazione, sia del sistema simpatico, ossia il sistema nervoso autonomo, sia per una stimolazione dovuta ad anomalie costituzionali o genetiche.

Una frequenza cardiaca elevata quando il corpo è a riposo è un fattore da non sottovalutare mai, in quanto costituisce un elemento di rischio molto pericoloso. Un soggetto che presenta una frequenza cardiaca elevata ha maggiori possibilità che si verifichino eventi cardiovascolari che possono portare alla morte: arresto cardiaco improvviso, infarto miocardico e ictus. In questo caso bisogna intervenire con l’utilizzo di farmaci che inibiscano l’intensità della frequenza cardiaca e dunque la probabilità di questi eventi pericolosi.

Che cosa succede quando il cuore aumenta il battito e si verifica la tachicardia?

Facciamo qualche calcolo per capire la funzione e l’importanza del cuore, un incredibile motore che funziona costantemente e batte per esempio almeno 80 volte ogni minuto. In un giorno costituito da 24 ore il cuore batterà circa 115.200 volte, questo significa che in un anno arriverà a 42.048.000 battiti, questo non contando però momenti in cui il battito accelera.

Ad ogni battito, quando il cuore si contrae, si ha un dispendio energetico che si misura attraverso una particolare molecola conosciuta con il nome di ATP. Ogni battito del cuore ha un dispendio energetico di 300 mg circa di ATP; questo significa che in 1 ora abbiamo un consumo di 18 kg di ATP, in 1 giorno 432 kg e in 1 anno 157.680 kg.

Le cellule cardiache sono sempre in movimento, producono, pompano sangue, consumano energia, dunque può capitare anche che si sovraccarichino di lavoro, attraverso un consumo di ossigeno eccessivo, ossia quando l’apporto ematico viene ridotto da particolari condizioni dovute a diverse patologie, come la presenza di ateromi, ossia placche di grasso che si accumulano nelle coronarie; oppure quando si verificano scompensi cardiaci o malattie del miocardio e le fibrocellule vengono danneggiate, presentando minori quantità di depositi di ATP e di substrati energetici.

Le coronarie sono le autostrade dove il sangue viaggia, insieme ai nutrienti e all’ossigeno che sono fondamentali per la produzione di ATP. Il sangue arriva alla diastole, cioè alle cellule cardiache quando sono nella fase di rilasciamento; questa durata si riduce quando si verifica la tachicardia. Di conseguenza più intensa è la tachicardia e più diminuisce e si accorcia la diastole, questo significa che si riduce inevitabilmente il tempo a disposizione delle cellule cardiache per recepire ossigeno e nutrimento.

Quando il cuore è sottoposto a carenza di nutrimento, consuma molto di più e questo significa che una tachicardia più intensa diventa molto dannosa per le fibrocellule. Il cuore funziona come una pompa, il suo compito è quello di aspirare sangue dalle vene in diastole per spingerlo nelle arterie e dunque in sistole. Quello che avviene con la tachicardia è che la diastole diviene più corta, questo fa in modo che la quantità di sangue aspirata dal cuore si riduca, di conseguenza anche la distensione delle fibre diminuisce e quindi si riduce l’efficienza della contrazione dell’apparato cardiaco.

Quali possono essere le cause che danno origine alla tachicardia?

Generalmente in un soggetto sano il fenomeno della tachicardia avviene quando il corpo è sotto sforzo, ossia quando il cuore è stimolato a contrarsi in maniera più rapida per aumentare il flusso di sangue ai muscoli. Questo perché il corpo necessita di una quantità maggiore di sangue, dunque di energia e ossigeno e altri nutrienti compresi nell’ATP, rispetto a quando i muscoli sono a riposo, quindi non presenta sforzi o sono minori. Durante il riposo, ossia nella fase di recupero delle energie spese, la frequenza cardiaca è minore e il battito è meno denso, questo è un vero e proprio meccanismo di difesa. Parliamo di tachicardia non fisiologica, indicando quella che compare in un normale stato in cui il corpo è a riposo.

In una condizione di patologia o malattia, soprattutto quando si assumono farmaci, questi interferiscono con l’attività del cuore, ed è normale che si verifichino fenomeni di tachicardia.

Ma anche altre sostanze indotte, come alcol, tabacco, caffè o l’abuso di droghe come cocaina e anfetamina, ma anche marijuana e hashish, provocano delle alterazioni ritmiche del sistema cardiaco.

Tra le condizioni che possono essere definite psicosomatiche, abbiamo lo stress o stati di ansia che producono un aumento del battito cardiaco. Malattie come anemia, febbre, ipertiroidismo, tireotossicosi, dell’ipertensione, malformazioni congenite del cuore, possono provocare scompensi ritmici e tachicardia.

Può capitare che le cause non siano evidenti e facilmente riconoscibili, ad esempio è quello che avviene con la tachicardia sinusale inappropriata o nella sindrome ipercinetica. L’ansia può avere effetti non trascurabili e aumentare la frequenza cardiaca in maniera intensa quando il corpo è a riposo. Le aritmie non sono altro che anomalie elettriche che possono provocare tachicardia parossistica o in generale aritmia ipercinetica.

Quali sono le caratteristiche e i sintomi della tachicardia?

Il sintomo più riconoscibile è sicuramente l’accelerazione del battito permanente o a intermittenza, quando la frequenza cardiaca supera i 130 – 150 battiti al minuto, è opportuno consultare il medico, soprattutto se l’accelerazione del battito è associata ad altri sintomi e disturbi come perdita dei sensi, dolori toracici, spossatezza, dispnea e sensazione estrema di debolezza. La necessità di un intervento da parte del medico in questi ultimi casi diventa immediata.

Le 5 tipologie principali di tachicardia

La tachicardia è riconoscibile attraverso 5 tipologie principali: sinusale, sopraventricolare parossistica, atriale ectopica, fibrillazione atriale, ventricolare.

  1. È conosciuta come tachicardia sinusale quando si verifica un aumento delle attività del nodo senoatriale. Questa situazione può condurre ad una stimolazione eccessiva delle contrazioni cardiache, in quest’ultimo caso la tachicardia viene chiamata anche normotopa.
  2. Si parla di tachicardia sopraventricolare parossistica quando il fenomeno si manifesta attraverso una rapida frequenza cardiaca, veloce e allo stesso tempo regolare. Il numero di battiti è compreso solitamente fra i 140 e i 200 bpm, gli episodi hanno una dimensione a intermittenza che dura vari minuti, in casi meno frequenti può protrarsi per ore o giorni. La sintomatologia è facilmente riconoscibile: affanno, palpitazioni, svenimento o dolore toracico.
  3. Un’altra tipologia è la tachicardia atriale ectopica, riconosciuta come un’aritmia sopraventricolare poco comune, che di solito si manifesta in maniera cronica, costante, inoltre riesce a resistente alle terapie farmacologiche. Molto spesso questo tipo di tachicardia è associato a sviluppi di scompensi cardiaci congestizi, ma anche a malattie polmonari.
  4. È chiamata fibrillazione atriale quel tipo di tachicardia che presenta un’irregolarità dei battiti cardiaci, in quanto le cavità superiori chiamate atri, spingono il cuore a pulsare in maniera molto rapida e anomala: dai 300 fino ai 600 bpm.
  5. La tipologia conosciuta come tachicardia ventricolare è una forma grave di aritmia cardiaca. Il battito cardiaco riceve energia dall’attività dei ventricoli, questo determina una frequenza cardiaca a rapida, compresa tra 140 e 220 bpm. Di norma è causata da una cardiopatia grave, come una cardiomiopatia o un infarto miocardico. Questo tipo di tachicardia può variare come durata da pochi secondi a qualche ora. Quando non viene trattata adeguatamente può degenerare in fibrillazione ventricolare e provocare la morte molto rapidamente, in quanto la contrazione dei ventricoli diventa così densa, irregolare e frequente che non consente nessuna gittata cardiaca adeguata e quindi perfusioni coronariche e cerebrali adeguate.

Come capire se si è affetti da tachicardia e a quali esami diagnostici bisogna sottoporsi?

Gli strumenti diagnostici di fondamentale importanza sono l’auscultazione cardiaca e l’elettrocardiogramma, utile per la registrazione della conduzione degli impulsi elettrici del cuore.

Gli esami vengono condotti con il fisico a riposo, in condizioni di stress e sotto sforzo, oppure per un periodo più prolungato, di solito 24 ore, attraverso l’utilizzo di dispositivi portatili. Grazie alla telecardiologia oggi, è possibile effettuare esami in qualunque luogo e inviare i dati agli specialisti 24 h su 24, in tempo reale. Esistono anche apparecchi portatili in miniatura, tascabili con cui è possibile registrare 1 – 2 minuti di traccia elettrocardiografia, inviandola poi via web, telefono ma anche in modalità remota agli specialisti e ottenere dunque una valutazione. Anche gli esami del sangue possono essere necessari per chiarire meglio la presenza di eventuali patologie non facilmente riconoscibili.

La tachicardia può evolversi e peggiorare?

L’evoluzione e il peggioramento della tachicardia sono strettamente legate alle sue cause e soprattutto alla sua natura. Se prendiamo come esempio una crisi di tachicardia di natura sopraventricolare parossistica, possiamo notare che ha una durata di pochi minuti o se non si interviene rapidamente arriva a durare qualche giorno, fino al momento in cui non si sottopone il soggetto a qualche terapia che la interrompa. In teoria non dovrebbe causare grossi problemi, salvo particolari casi. Se invece prendiamo come esempio forme e tipologie molto gravi, ad esempio la tachicardia di natura ventricolare, è evidente che se non curata tempestivamente, può condurre alla sincope e/o nel peggiore dei casi all’arresto cardiaco.

Come può essere prevenuta la tachicardia?

È possibile prevenire le forme di tachicardia più gravi che presentano un’origine organica, attraverso un adeguato stile di vita, salutare e attento, in aggiunta a terapie che prevengano malattie cardiovascolari che possono dar vita a ipertensione o infarto.

Forme di natura più lieve invece, richiedono solo un trattamento o una diagnosi precoce.

Se prendiamo come esempio la forma di tachicardia di natura sinusale senza cause cardiologiche, richiede molta attenzione e l’eliminazione dei fattori di rischio. Quindi bisognerà evitare l’assunzione di cibi, sostanze e bevande stimolanti come la cioccolata, cacao, pepe, zafferano, curry, droghe ed eccitanti, tè, caffè e coca-cola.

Attraverso un accurato esame bioelettronico conosciuto come Vega test, è possibile individuare le classi di alimenti (latte e derivati, lieviti e cereali) che aumentano e favoriscono la reattività ansiosa, e dunque procedere poi con l’eliminazione di quest’ultimi dalla dieta.

Esistono terapie naturali per la cura dell’ansia da tachicardia?

Quando si verificano particolari condizioni di stress che determinano l’aumento del battito cardiaco, è possibile ricorrere ad erbe come la rauwolfia serpentina, la tilia tomentosa, la valeriana officinalis, la sequoia gigantea e la menta piperita. Sono particolarmente efficaci il tiglio e il biancospino quando si verificano condizioni particolari e l’ansia compare attraverso una tachicardia improvvisa.

Per chi soffre di questa forma lieve di tachicardia, è sufficiente sorseggiare una tisana al tiglio o prendere qualche goccia di estratto di biancospino. Le dosi è sempre meglio concordarle con il medico o un omeopata.

Come bisogna intervenire nelle forme più gravi di tachicardia?

Per quanto riguarda le forme più gravi di tachicardia, è opportuno ricorrere a terapie farmacologiche o a particolari manovre per abbassare le frequenze cardiache. Alcuni esempi sono la manovra di Valsalva, ossia l’espirazione forzata a glottide chiusa; il riflesso del tuffatore, ossia l’applicazione di acqua fredda o ghiaccio sul viso; la compressione o i massaggi monolaterali della carotide.

Queste manovre devono però essere eseguite sotto stretto consiglio medico in quanto non sono interventi privi di rischi. Quando questo tipo di manovre non risulta efficace, si deve ricorrere alla somministrazione di medicine antiaritmiche per stabilizzare la frequenza cardiaca e riportarla alla normale attività.

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