Clinicamente la perimplantite è un processo infiammatorio a carico degli impianti osteointegrati dovuto da infezione batterica, da trauma occlusale o da entrambe le patologie. Per trauma occlusale si intende un’alterazione patologica secondo cui i muscoli masticatori producono una forza indebita durante il contatto prematuro tra uno o più denti. Ciò comporta non solo danni al parodonto, dolore, sensibilità variabile, perdita di tessuto e mobilità degli impianti ma anche problemi all’articolazione, interessando i muscoli mascellari, masticatori e quelli pulpari. Può svilupparsi a seguito di bruxismo, serramento dei mascellari (di origine nervosa), perdita di premolari e molari che comportano uno sventagliamento dei denti anteriori superiori.
La perimplantite colpisce inizialmente la gengiva che circonda l’impianto (mucosite). La morfologia della superficie implantare complica ulteriormente le cose. Infatti, non essendo perfettamente liscia ma porosa, costituisce un terreno fertile per i batteri responsabili dell’infezione. Se trascurata progredisce scendendo più in profondità in senso verticale ed interessando il tessuto osseo la cui funzione primaria è quella di fornire maggiore stabilità e resistenza alla struttura implantare. L’infiammazione espandendosi comporta un graduale riassorbimento dell’osso, causando di conseguenza dolore, mobilità e perdita dell’intero impianto nonché della corona protesica.
La parodontite è una delle cause più frequenti che generano la perimplantite. La patologia, nota anche come piorrea, si distingue dall’altra in quanto interessa le strutture di sostegno dei denti naturali, ovvero gengive, legamenti parodontali ed ossa. Colpisce indistintamente giovani ed adulti. Ha origine prevalentemente batterica ma può essere scatenata da altri fattori come: una cattiva igiene orale, l’abuso di alcolici e fumo, la gestazione, la genetica e malattie sistemiche come ad esempio il diabete. Se non adeguatamente curata può comportare la perdita progressiva dei denti a causa del riassorbimento del tessuto osseo e delle gengive. Piorrea e perimplantite presentano anche sintomi molto simili, per cui nella fase iniziale si può notare un cambiamento di colore della gengiva, con arrossamento della mucosa, ingrossamento e sanguinamento.
Nella fase più avanzata, invece, l’infiammazione aumenta comportando di conseguenza:
- dolore alla percussione;
- secrezione purulenta (pus);
- riassorbimento progressivo dell’osso;
- profondità di sondaggio maggiore ai 5 mm.
Perimplantite e parodontite compromettono seriamente la qualità della vita. Modificano l’estetica della bocca, inducendo il paziente a nascondersi dagli altri posizionando timidamente una mano davanti alle labbra mentre si sorride. Il disagio si accresce durante la masticazione. La pratica quotidiana diventa quasi impossibile a causa del forte dolore.
La perimplantite può essere contratta immediatamente dopo un intervento di implantologia dentale (sostituzione dei denti naturali mancanti con elementi artificiali), ma anche dopo diversi anni dall’osteointegrazione. La miglior cura alla malattia è la prevenzione. Per mantenere intatti gli impianti e la loro funzionalità, infatti, è opportuno recarsi regolarmente dal dentista per un’adeguata pulizia, associando un’igiene orale domestica quotidiana molto accurata. Quando la malattia è ad uno stadio avanzato, si procede in genere con la rimozione dell’impianto, mediante un intervento di microchirurgia che purtroppo sottopone i tessuti coinvolti ad un alto stress. Ma se è ancora in fase iniziale, si può intervenire sull’infiammazione e ridurla.
La cura della perimplantite coinvolge più terapie, che insieme consentono la completa guarigione e la salvezza dell’impianto. I trattamenti farmacologici (antibiotici ed antinfiammatori sotto forma di sciacqui, lavaggi, fibre impregnanti e gel) servono a ridurre l’infiammazione ed a sopportare maggiormente il dolore. Vanno comunque associati a terapie meccaniche che mediante particolari strumenti contribuiscono a rimuovere manualmente residui plastici e metallici dalle spire nonché rugosità implantari. A tal fine, i dentisti prediligono la fresa oppure un particolare spazzolino monociuffo che, applicato al trapano, procede con la pulizia della superficie dell’impianto senza graffiarla e senza causare danni ai tessuti nelle immediate vicinanze. Le piccole setole sono realizzate in acciaio inox, materiale altamente igienico che riduce le probabilità di contaminazione. L’azione a cielo chiuso di questo particolare spazzolino sostituisce egregiamente l’utilizzo del bisturi. Mediante un movimento rotatorio, asporta il tessuto contaminato dalla superficie ed elimina quello osseo necrotico ed ormai molle. Se non dovesse bastare, bisognerà procedere a cielo aperto con una revisione di curettage chirurgico (tecnica di levigazione e rimozione del tartaro e della placca accumulati in profondità, nelle tasche gengivali) oppure con la rigenerazione ossea guidata, ovvero un intervento chirurgico che mira all’aumento del volume dell’osso mascellare, impiegando materiale sintetico o naturale, al fine di creare una base solida e sicura su cui applicare i nuovi impianti. La procedura può essere condotta in una o due fasi, in base alle condizioni dell’osso del paziente. Questa soluzione molto comune e largamente praticata dai dentisti, va eseguita nel rispetto delle più elementari pratiche igieniche. In caso contrario, può comportare una serie di problematiche di piccola o media entità, tra cui la perimplantite per l’appunto.
Più di recente, si predilige un protocollo non chirurgico che combina l’uso del Laser ad una cura farmacologica e meccanica. La procedura approfondisce la bonifica dei tessuti molli e della superficie implantare, in modo da evitare il rischio concreto di recidiva. Il laser a Neodimio ad alta potenza è uno strumento molto comune in odontoiatria ed implantologia. Mediante il supporto del microscopio operatorio (che consente una visuale più completa e dettagliata) è possibile provvedere alla pulizia delle sacche gengivali dal tartaro ed all’eliminazione duratura dei batteri patogeni dal cavo orale.
Il trattamento con il laser si rivela molto utile anche per la cura della parodontite. Oltre alla decontaminazione totale dei microbi, provvede alla biostimolazione favorendo la rigenerazione cellulare e l’eliminazione di tessuto necrotico ormai molle. La terapia consente di recuperare fin da subito le funzionalità dentali, senza produrre dolore o fastidio, con la possibilità concreta di salvare i denti da una probabile caduta. Alcuni odontoiatri suggeriscono di curare e risolvere la piorrea con l’estrazione dei denti malati ed un approccio implantologico. Questa soluzione è da preferire nel caso in cui gli elementi dentali affetti da parodontite siano in uno stato irrecuperabile ed esteticamente molto compromesso. Il riposizionamento di protesi adeguate consente di recuperare più rapidamente la funzionalità della bocca ed un sorriso esteticamente bello. Tuttavia, agire su un osso compromesso e già malato, senza eliminare l’infezione, comporta lo sviluppo della perimplantite con conseguente caduta dell’impianto stesso.
Vantaggi della terapia laser sulla perimplantite
La perimplantite, come la parodontite, non va assolutamente trascurata. L’accertamento della patologia avviene in seguito ad una radiografia endorale oppure di una ortopantomografia (la classica panoramica). L’odontoiatra a questo punto potrà stabilire insieme al paziente il programma terapeutico più idoneo. Il trattamento con il Laser, associato a terapie farmacologiche, meccaniche ed alle più recenti ricerche della letteratura scientifica presenta svariati vantaggi:
- l’approccio con il paziente è personalizzato e metodico in base alle specifiche esigenze. Le indagini di biologia molecolare ed un accurato percorso diagnostico stabiliranno le cause scatenanti dell’infiammazione, in modo tale da agire immediatamente per eliminarle dalla base e scongiurare il rischio di recidiva. Nei casi più gravi, invece, la situazione si complica e bisognerà ricorrere a tecniche più invasive con dei mini-interventi di chirurgia ed operare sull’impianto colpito. In tutta onestà, non sempre questi ultimi trattamenti sortiscono i risultati sperati. Per cui la prevenzione, mediante una corretta igiene orale e di pulizia degli impianti, risulta essere sempre la miglior cura;
- la terapia non è dolorosa né invasiva. Viene effettuata a cielo chiuso e non richiede alcun intervento con il bisturi;
- non prevede l’anestesia loco-regionale, per cui si riducono i rischi di effetti collaterali (nausea e vomito) e di allergie al farmaco anestetico, così come la possibile formazione di un ematoma a causa di un prodotto mal iniettato oppure di un nervo danneggiato;
- risoluzione rapida di pus e sanguinamento;
- l’utilizzo di tecnologie ultra-moderne ed avanzate consente di ridurre al minimo la percentuale di insuccesso;
- controllo dei risultati ottenuti mediante attente analisi microbiologiche;
- effetti risolutivi immediati, talvolta anche in un’unica seduta, nei casi di mucosite perimplantare (stadio iniziale della patologia, riguardante solo le gengive);
- la terapia con il laser impiegata su un paziente ad uno stadio medio-grave consente di salvare gli impianti colpiti;
- risulta ottima come terapia per migliorare i risultati di una chirurgia rigenerativa.
Le complicazioni precoci e tardive di un impianto osteointegrato
Gli impianti osteointegrati sono la soluzione migliore per sostituire uno o più elementi dentali mancanti e restituire al paziente una vita dignitosa, recuperando le funzionalità masticatorie, estetiche e fonetiche. L’intervento, peraltro molto comune ed indolore, viene effettuato in anestesia locale. L’operazione consiste nell’applicazione di una vite in titanio all’interno dell’osso mascellare, in modo tale che possa progressivamente integrarsi con il tessuto, diventare un tutt’uno con l’osso e sostenere adeguatamente i carichi protesici, ovvero corone o capsule sovrastanti, senza rischi di cedimenti. L’intervento garantisce denti del tutto simili per forma e per colore a quelli naturali. Di per sè è molto semplice, tuttavia, sottovalutando lo stato di salute precario del paziente (affetto da problemi circolatori, respiratori, diabete, cisti o granulomi) e non rispettando le norme igieniche, possono subentrare delle complicazioni precoci. Queste condizioni portano alla mancata osteointegrazione e quindi alla caduta immediata dell’impianto che potrà comunque essere reinserito successivamente.
In altri casi, ad avvenuto carico protesico, possono comparire delle complicazioni tardive ed infettive. Esse si dividono in:
mucositi gengivali. Con molte probabilità rappresentano una delle complicanze più comuni ma reversibili. Le gengive sono spesso arrossate, lucide e possono sanguinare. Si formano delle ferite, più o meno profonde, portali d’ingresso delle infezioni all’interno delle quali si annidano e proliferano i batteri. Ne conseguono delle serie ripercussioni nella qualità della vita come difficoltà nutrizionali (la masticazione è quasi impossibile) e nelle relazioni sociali. Il miglior metodo di prevenzione è senza dubbio, come ormai si ripete dapprincipio, una corretta ed adeguata igiene orale, utilizzando uno spazzolino dalle setole morbide, un dentifricio al fluoro dal sapore dolce e provvedendo alla pulizia di denti, bocca e gengive almeno 2-3 volte al giorno, dopo i pasti. È importante anche utilizzare il filo interdentale per rimuovere agevolmente e con maggiore successo eventuali residui di tartaro e placca. Nel caso in cui la mucosite gengivale dovesse svilupparsi oppure peggiorare è necessario procedere con terapie efficaci con scalers (o raschietto a falce curva che serve ad eliminare il tartaro sopragengivale) e lavaggi a base di clorexidina, acido citrico, sciacqui con acqua tiepida e sale, perossido d’idrogeno ed antibiotici utili per contenere l’infiammazione. Il dentista può inoltre procedere con un trattamento non invasivo che sfrutta l’azione del laser per bonificare globalmente la bocca dai batteri.
perimplantiti sintomatiche e perimplantiti asintomatiche. L’iniziale infiammazione alle gengive che contornano l’impianto, progredisce più in profondità ed in senso verticale andando ad intaccare il tessuto osseo. Il riassorbimento della parte può essere visibile solo mediante radiografie.
Come si è potuto evincere fino ad ora, le perimplantiti sono molto simili alla parodontite. Sintomi, conseguenze e cure sono perlopiù uguali. L’infiammazione, infatti, in entrambi i casi può comportare la perdita degli impianti o dei denti naturali. L’unica differenza consiste nel fatto che nei primi manca il legamento parodontale che rende l’attacco molto più debole.
La perimplantite, talvolta, potrebbe essere causata dalla formazione di una o più aperture al livello gengivale. Le sacche hanno una capacità tale da ospitare un’elevata quantità di batteri. Per ripristinare la stabilità dei tessuti molli il dentista dovrà eseguire una semplice manovra utilizzando il laser.
Ovviamente, prima di effettuare l’inserimento di un qualsiasi impianto dentale bisogna procedere con la decontaminazione della bocca dalla parodontite. Sarà necessario correggere i difetti ossei in modo che non diventino, più avanti, nuovi serbatoi di infezione. In tal senso, potrebbero essere utili la GBR, ovvero la ricostruzione ossea guidata, oppure le terapie riselettive.