La cremazione sta pian piano diventando una delle scelte più frequenti in caso di morte di un caro. Ecco perché da argomento poco dibattuto e ancor meno conosciuto, è ormai diventato uno dei temi di ricerca trattati più di frequente, sia sul web che dagli altri media.
Nelle righe di questo post verranno descritti il funzionamento pratico di un impianto di cremazione, gli ambienti che lo compongono e tutte le fasi dell’incinerazione. L’articolo vuole essere d’aiuto per coloro che desiderano comprendere a fondo i dettagli di questa pratica tanto conosciuta e utilizzata all’estero quanto ancora vista con dubbio e sospetto nel nostro Paese.
Tecnicamente, la cremazione consiste nel ridurre, all’interno di un forno appositamente progettato, un corpo ai suoi elementi base (frammenti ossei e gas). Questa pratica affonda le proprie radici in tempi assai remoti: storicamente, tale consuetudine si è affermata soprattutto in Asia, continente nel quale è rimasta pressoché immutata per millenni. Questo perché numerose culture antiche credevano che la cremazione fosse in grado di purificare i corpi e che il fuoco illuminasse il tramite dei defunti dal nostro mondo all’Aldilà, impedendone il ritorno tra i vivi.
Nonostante molti ne siano convinti, in realtà la cremazione non incenerisce la salma: quel che resta del corpo, infatti, è una miscela di frammenti ossei friabili che in seguito vengono sminuzzati fino ad essere ridotti in cenere. Al termine del processo, in base alla volontà del defunto o dei suoi cari, i resti possono essere custoditi in un’urna, sepolti, sparsi in natura, o altro.
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Il processo di cremazione
Oggigiorno, la cremazione dei corpi avviene all’interno di alcuni forni appositamente costruiti. Si tratta di strumenti molto potenti, che devono rispettare alcune indicazioni di legge e in grado di raggiungere temperature pari a 900-1000 gradi centigradi. Il riscaldamento della camera interna avviene tramite l’arroventamento delle pareti. Queste vengono riscaldate per mezzo di alcuni bruciatori a gas o resistenze elettriche, oppure per fiamma diretta.
Il corpo sottoposto al processo viene sistemato su alcuni binari, quindi fatto entrare all’interno della camera riscaldata, che a sua volta viene sigillata da una porta meccanica. Il corpo, ancora adagiato nella bara, tende ad asciugarsi mentre il legno della cassa brucia, quindi cominciano ad incenerirsi i capelli, la pelle e i muscoli. I tessuti molli e gli organi interni vengono vaporizzati, mentre le ossa sono soggette a un rapido processo di calcificazione.
Tutti i gas prodotti durante il processo vengono espulsi mediante un sistema di scarico dotato di un depuratore: prima di arrivare all’esterno, i gas vengono filtrati e i relativi odori eliminati. Alcuni crematori di ultima generazione sono dotati di un post-bruciatore secondario che aiuta ad incenerire totalmente ciò che resta del corpo, polverizzandone i resti. Nel caso la salma non venga bruciata completamente, un tecnico addetto sarà tenuto a polverizzare manualmente i resti con un apposito strumento.
Al termine del processo, il corpo appare ridotto in frammenti, i quali vengono raccolti e adagiati su un vassoio, rimanendo lì finché non si saranno raffreddati. All’interno dei resti, possono figurare oggetti preziosi non consumati dal calore, piuttosto che chiodi, viti, cerniere e altre parti metalliche facenti parte della bara o dei vestiti del defunto. Inoltre, le polveri possono contenere oro o argento dentale, apparecchi, viti chirurgiche e protesi.
Tutti gli oggetti preziosi ritrovati vengono rimossi tramite l’uso di appositi magneti e messi da parte, prima di essere restituiti ai familiari del defunto oppure smaltiti secondo quando prescritto dai regolamenti locali. Pacemaker e dispositivi meccanici potenzialmente pericolosi, invece, vengono rimossi prima della cremazione, in quanto possono esplodere a contatto con il fuoco ed il calore, danneggiando il forno.
La polverizzazione dei resti
Terminato il processo di cremazione ed eliminati tutti gli oggetti metallici presenti nelle ceneri del defunto, giunge il momento di polverizzare i frammenti ossei, trasformandoli in sabbia fine.
Ultimata questa fase, le ceneri devono avere una consistenza omogenea. Lo strumento utilizzato per ottenere la polverizzazione dei resti prende il nome di cremulator. In media, sono necessarie circa due o tre ore per portare a termine l’intero processo di cremazione di un corpo umano, riducendolo, a seconda del peso e delle dimensioni, a due/cinque chili di ceneri.
I resti della cremazione solitamente presentano una consistenza pastosa e un colore che tende al grigio chiaro/bianco. Le ceneri vengono poi trasferite all’interno di un’urna di cremazione e consegnate al parente del defunto che ha commissionato il servizio. Il congiunto potrà decidere di conservarle presso il proprio domicilio, al cimitero, oppure di disperderle in un luogo al quale il defunto era particolarmente legato.
Le ceneri potranno essere persino elaborate affinché il ricordo del parente morto diventi una pietra preziosa.
Composizione delle ceneri dopo il trattamento
I liquidi corporei rappresentano circa il 65% del peso complessivo di un essere umano. La massa restante include tutte le altre componenti, compresa la struttura scheletrica, che è la parte più importante. Nelle ceneri residuano soprattutto elementi chimici come i fosfati di calcio, insieme ad altri minerali presenti in quantità minori, tra cui sali di potassio e sodio.
Il carbonio e lo zolfo, presenti in grandi quantità, vengono quasi completamente eliminati sotto forma di gas nel corso del processo di cremazione. Nonostante la forte variabilità individuale, questa tecnica produce circa il 3,5% in ceneri del peso corporeo dell’individuo. Tale percentuale, però, scende al di sotto del 3% nel caso dei bambini, per abbassarsi ulteriormente qualora si tratti di un feto (si stima una produzione di ceneri pari all’1% del suo peso complessivo).
In media, quindi, una salma produce poco meno di 2,5 chilogrammi di ceneri, con un peso di poco maggiore nel genere maschile rispetto a quello femminile. Generalmente, il peso delle ceneri prodotte dalla cremazione cresce parallelamente alla statura dell’individuo, mentre incidono molto meno parametri quali l’età, il sesso e il peso.
La diffusione della cremazione in Italia
Nel nostro Paese, la cremazione viene praticata nel 8-10% dei casi, a seconda delle regioni. La differenza rispetto ai Paesi europei che si affidano di più alla pratica crematoria è dovuta principalmente alla scarsa diffusione di strutture attrezzate, presenti soltanto in alcune province e in maniera nettamente maggiore nelle regioni del centro-nord.
Una parziale inversione di tendenza è testimoniata dal fatto che nelle maggiori città del nord Italia, ovvero Milano e Torino, la percentuale delle persone che scelgono questa pratica supera abbondantemente il 40%. Negli ultimi anni, la lenta diffusione dell’incinerazione, ha spinto Stato e Regioni ad emanare alcune normative ad hoc, che regolano il processo in maniera analoga a quanto fatto dalle nazioni in cui la cremazione è maggiormente diffusa. Fondamentali, a tale riguardo, sono state alcune norme promulgate a partire dal 1987, che tuttavia vietavano ancora la dispersione in natura delle ceneri, le quali dovevano essere obbligatoriamente conservate nel cinerario del cimitero comunale.
L’inadeguatezza di queste leggi ha spinto i governi che si sono succeduti a partire dai primi anni ’90 a ridiscutere il regolamento, finché, nel marzo del 2001, è stata finalmente varata la legge numero 130. La novità più importante tra quelle presenti nel testo è l’abolizione del divieto a disperdere le ceneri. Di conseguenza, è caduto anche l’obbligo di doverle conservare nei cimiteri, ragion per cui, oggi, le ceneri vengono direttamente consegnate ai familiari del defunto.
Chi volesse disperderle, è libero di farlo negli spazi aperti (boschi, mare, campagna e così via), all’interno di giardini privati, o negli spazi riservati presenti nei cimiteri comunali: la dispersione resta vietata all’interno dei centri urbani. A patto che vi sia riportato il nome del defunto, il cinerario può anche essere conservato presso l’abitazione del congiunto che ha commissionato la cremazione.
La legge in questione offre anche una serie di indicazioni valide per le amministrazioni locali in merito alla realizzazione dei crematori, istituendo il divieto di lucrare sulla dispersione delle ceneri. Inoltre, l’apposito regolamento ha individuato tre distinte modalità affinché venga eseguita la cremazione senza la possibilità di intromissioni:
– Lasciare indicazioni chiare al parente più prossimo, il quale dovrà chiedere l’autorizzazione alla cremazione all’amministrazione comunale del paese o della città in cui è avvenuto il decesso.
Qualora vi siano più congiunti di pari grado (ad esempio figli) questi dovranno essere tutti d’accordo.
- Affidare le proprie volontà alle disposizioni testamentarie.
- Iscrivere il proprio nome nel registro di una società che se ne occupa direttamente, che sarà tenuta a curare l’esecuzione materiale della volontà dell’iscritto, facendola valere anche nel caso i familiari del defunto non siano d’accordo.
Tali Società per la Cremazione (SOCREM) devono provvedere all’espletamento degli obblighi burocratici e sono tenute ad assistere i congiunti del morto durante tutto l’iter. Tra le varie società esistenti, l’associazione IDICEN si impegna da anni affinché le volontà dei defunti vengano rispettate, sia per quanto riguarda la cremazione che in merito alla dispersione delle ceneri.
L’associazione ha ricevuto il necessario riconoscimento giuridico per espletare tutte le formalità del caso e per far riconoscere le volontà dei propri iscritti in tutti i comuni italiani.
Storia della cremazione
Il primo caso accertato di cremazione risale a circa 40 mila anni fa: si trattava dei resti di un corpo cremato soltanto in parte, ritrovati in Australia, presso il lago Mungo. Stando al parere degli archeologi, sia la cremazione che l’inumazione furono praticate in Europa e in Medio Oriente già a partire dal neolitico. I vari gruppi sociali possedevano abitudini, riti e preferenze differenti gli uni dagli altri.
Gli antichi egizi si opponevano fermamente alla cremazione, poiché ritenevano che fosse in grado di bloccare la trasmigrazione dell’anima verso un altro corpo. Sia gli egizi che i babilonesi usavano imbalsamare i loro defunti. Fenici e Ittiti, invece, praticavano la sepoltura e la cremazione. Uno dei Paesi che ha la più importante tradizione funeraria legata all’incinerazione è l’India, presso cui la pratica è attestata fin dal 1900 a.C., essendo strettamente legata alla civiltà vedica. I persiani, al contrario, non praticarono mai l’incinerazione, in quanto proibita dallo zoroastrismo. Nel continente europeo la cremazione cominciò ad affermarsi a partire dalla prima età del bronzo (intorno al 2000 a.C.).
I primi casi di cremazione sono stati attestati lungo il medio corso del Danubio e in Pannonia. Più tardi, verso la tarda età del bronzo, la pratica divenne dominante, contemporaneamente alla diffusione della cosiddetta cultura dei campi di urne (1300 a.C.). Durante l’età del ferro, invece, benché ancora praticata da gruppi sparuti di persone, l’incinerazione fu lentamente sostituita dall’inumazione. La cremazione apparve in Grecia soltanto nel XII secolo a.C., ma a differenza di quanto si possa pensare, assunse rapidamente grande importanza, cosicché il rito venne riservato ai nobili e ai soldati che si erano distinti per coraggio e abilità.
Nell’Italia settentrionale il rito cominciò a diffondersi con la cultura delle Terramare, mentre al centro-sud comparve con l’avvento della civiltà proto-villanoviana. A Roma l’incinerazione divenne presto la pratica più diffusa e fu limitata soltanto dalla nascita del Cristianesimo, che impose la sepoltura. La cremazione era vista con sospetto dalle autorità religiose e osteggiata in quanto legata alle antiche culture di origine pagana. Si diffuse anche la credenza secondo cui il rito potesse interferire con la resurrezione dell’anima. A partire dal tardo antico, la cremazione è diventata una pratica funeraria estremamente rara, almeno fino agli albori del XIX secolo, quando l’avvento dell’Illuminismo e di Napoleone Bonaparte cambiarono radicalmente le carte in tavola.
Fu il famoso Editto di Saint Cloud del 1805 (che imponeva l’obbligo di inumare i cadaveri nei cimiteri extraurbani) a favorire il lento cambiamento delle abitudini dei cittadini. Il primo forno dell’epoca moderna fu installato presso il Cimitero Monumentale di Milano e funzionava tramite un bruciatore a gas. Il cosiddetto Tempio Crematorio, presso cui il forno fu montato, esiste ancora oggi, nonostante non sia più in funzione. A costruirlo furono i professori Celeste Clericetti e Giovanni Poli, incaricati dalla massoneria. Il forno fu appositamente realizzato per cremare la salma del noto imprenditore tessile Alberto Keller, avvenuta il 22 gennaio del 1876.
Anche Paolo Gorini assistette all’evento e in quell’occasione si rese conto che l’impianto costruito dai suoi colleghi era troppo costoso, oltre che estremamente delicato. Quello stesso anno si mise al lavoro e inventò un nuovo forno crematorio che riscosse un successo mondiale grazie alla sua economicità e semplicità. Il modello progettato da Gorini venne installato anche nel Crematorio del cimitero monumentale di Londra e fu adottato persino a Bombay e in Giappone. I forni basati sul principio inventato da Gorini sono rimasti in funzione fino agli anni Settanta del Novecento, quando vennero sostituiti con impianti più moderni.
Nel marzo del 2012 la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha pubblicato la seconda edizione del Libro delle Esequie, nel quale la cremazione viene finalmente accettata dalla religione cattolica, sebbene in maniera condizionata. Secondo la Chiesa Cattolica, le ceneri vanno comunque conservate esclusivamente all’interno dei cimiteri e non disperse in natura o in mare, né tenute in casa. Il testo in questione è stato approvato da tutti i vescovi ed è stato ratificato in data 2 novembre 2012. Al contrario, la quasi totalità delle chiese protestanti ed evangeliche non solleva nessuna obiezione nei confronti della pratica crematoria.
La Chiesa ortodossa, invece, è di parere discordante, vietando l’incinerazione nella maniera più assoluta e obbligando i suoi adepti a praticare l’inumazione.