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Cos’è la percentuale e perché viene calcolata?
La percentuale (comunemente indicata con il simbolo %) è la somma finale di un’operazione matematica molto diffusa, in grado di descrivere la grandezza di una quantità rispetto a un’altra.
Le percentuali sono frazioni che hanno sempre come denominatore 100 e come numeratore una cifra intera o decimale. La percentuale viene indicata con un numero intero o decimale, seguita sempre dal simbolo %, introdotto in luogo del termine latino per cento. Nonostante l’impiego della percentuale coinvolga i più svariati contesti, anche quotidiani (basti pensare all’uso che se ne fa per indicare lo sconto apportato ai prezzi degli articoli in vendita nei supermercati e nei negozi), esso può non essere di facile comprensione per tutti. È molto semplice, infatti, fraintendere alcuni passaggi oppure calcolarla in maniera errata, ragion per cui nelle righe di questo post proveremo a chiarirne tutti i passaggi e le applicazioni.
Per comprendere a pieno il significato di un numero espresso da una percentuale, è necessario prima di tutto individuare la grandezza di riferimento. Ogni volta che la grandezza di riferimento cambia, si modifica anche la quantità indicata dalla percentuale. Nonostante tale passaggio possa sembrare banale, molto spesso (e soprattutto in alcuni determinati contesti) viene sottovalutato, generando non poca confusione.
Chi vuol confrontare aumenti e riduzioni percentuali dovrà prima di tutto considerare la base di partenza: non sempre è possibile, infatti, ottenere risultati validi sottraendo o sommando delle percentuali. Un esempio che descriva meglio quanto appena detto? Somme e sottrazioni di percentuali hanno senso soltanto quando la base resta identica, altrimenti si finirà con l’ottenere risultati privi di nesso logico.
Prendiamo il caso di una stazione ferroviaria dotata di due binari, ai quali ne viene aggiunto un terzo. Ne consegue un aumento dei binari pari al 50%, essendo il valore di riferimento 2 (i due binari presenti in partenza) e l’aumento pari a 1 (se 2 rappresenta il 100%, 1 che è la metà di 2 equivale al 50%). Se alla stessa stazione (ora dotata di tre binari) viene sottratto un binario, la riduzione del numero totale dei binari corrisponde al 33,3%. In questo caso, il valore di partenza è 3 e la riduzione è pari a 1.
Considerando anche la prima operazione, sappiamo che i binari della stazione non sono aumentati, ma sono tornati ad essere 2, esattamente come all’inizio. Eppure, sottraendo al 50% ottenuto con la prima operazione il 33,3% della seconda operazione otterremmo un incremento dei binari pari al 16,6%. Cosa che ovviamente non corrisponde a verità. Ecco spiegato perché ogni volta che si opera in percentuale è necessario tenere conto della base di partenza.
Questo esempio ci aiuterà a comprendere meglio le caratteristiche del calcolo della percentuale e tutte le sue applicazioni.
Come si calcola la percentuale?
Il calcolo della percentuale può rivelarsi un’operazione abbastanza complessa, soprattutto se si ha poca dimestichezza con la matematica e i calcoli mnemonici.
Calcolare la percentuale è una delle operazioni che tutti noi abbiamo imparato da piccoli, grazie alle indicazioni del maestro di matematica allorquando frequentavamo le scuole elementari e medie. Di fatto, si tratta di un calcolo molto semplice, ma che per alcuni può diventare un’operazione titanica, generando veri e propri momenti di panico. Eppure, si tratta di un passaggio particolarmente importante, poiché può servire a capire a quanto ammonta il risparmio ottenibile sugli articoli scontati, oppure sulle cifre indicate da riviste ed e-commerce ogni volta che vengono impiegati numeri percentuali.
Esistono diversi metodi utili a calcolare la percentuale, sebbene ve ne sia uno estremamente facile da comprendere e da fissare nella mente. Per evitare eventuali inconvenienti, questa guida spiegherà la maniera più facile per calcolare la percentuale, senza dover contare sul supporto di calcolatrici e telefoni cellulari. Il calcolo della percentuale è una necessità che capita molto più spesso di quanto si possa credere, basti pensare ai frequenti sconti presenti nei supermercati e nei negozi di abbigliamento. Come ci si comporta in questi casi?
È possibile sorvolare e farsi un’idea approssimativa dell’ammontare dello sconto, oppure (quando si hanno i soldi contati e non si vogliono fare brutte figure alla cassa) calcolare l’importo effettivo facendo riferimento a una rapida operazione da eseguire a mente. Ad esempio, se il biglietto per un concerto o per uno spettacolo teatrale costa 50 euro, ma la prevendita garantisce uno sconto del 20%, a quanto corrisponde l’importo dovuto? Quant’è il 20% di 50 euro?
Per calcolare rapidamente la percentuale, basta moltiplicare il numero di partenza (in questo caso 50) per il numero indicato dalla percentuale (che è 20), quindi dividere la somma risultante per 100. In questo caso l’operazione da portare a termine è:
50 × 20 = 1000 → 1000 ÷ 100 = 10
Ne risulta che il 20% di 50 euro corrisponde a 10 euro. Usufruendo dello sconto offerto dalla prevendita, quindi, il ticket verrebbe a costare 40 euro.
Come abbiamo potuto appurare, si tratta di un calcolo estremamente facile, che consta di due operazioni separate: una moltiplicazione (che riguarda sempre le due cifre variabili) e una divisione (che riguarda il risultato della prima operazione e il valore costante 100).
Come detto in precedenza, calcolare la percentuale di un prezzo o di una quantità indicata all’interno di un grafico o di un articolo, può essere molto importante per farsi un’idea precisa del valore espresso. Contrariamente a quanto potremmo credere, il calcolo della percentuale rappresenta una costante per gli uomini di ogni epoca, già a partire dall’età greca e romana, quando furono coniate le prime frazioni monetarie delle valute allora impiegate.
Fu l’imperatore Augusto il primo sovrano ad introdurre una tassa basata sulla percentuale dei beni mobili e immobili venduti all’asta. A quell’epoca, una novità di questa portata avrà certamente creato lo scompiglio tra chi si ritrovava costretto a versare l’imposta, se non altro per i calcoli che doveva affrontare. Se calcolare la percentuale rischia di cogliere impreparati coloro che oggigiorno si recano a fare la spesa al supermercato o che entrano in un negozio d’abbigliamento, figuriamoci quanta confusione doveva causare in chi all’epoca non aveva alcuna dimestichezza con i calcoli matematici!
Calcolare la percentuale tra due numeri
Qualora avessimo un numero A (che in questo caso corrisponde a 300) e un numero B (uguale a 1500) e il nostro obiettivo fosse capire a quale percentuale di B corrisponde A (ovvero individuare il rapporto esistente tra le due cifre), allora dovremmo applicare la seguente formula:
A : B = X : 100
In sostanza, A sta a B come X sta a 100. Per calcolare il rapporto è necessario dividere 300 per 1500 e moltiplicare la somma ottenuta per 100. Quindi:
300 ÷ 1500 = 0,2 → 0,2 × 100 = 20
Eseguendo il calcolo appena indicato, risulta che 300 (il numero A) corrisponde al 20% di 1500 (il numero B). Tale formula capovolge quella illustrata nel capitolo precedente: in questo caso, le cifre variabili devono essere divise fra loro, mentre il risultato deve essere moltiplicato per il valore costante 100.
Come calcolare la differenza percentuale tra due numeri
Alcuni esercizi impongono di calcolare il delta percentuale tra due valori numerici. Grazie all’uso di una specifica formula è possibile ottenere proprio il delta (il simbolo utilizzato per indicare il delta in matematica è Δ) fra due numeri. Per farlo e soprattutto per capire bene come effettuare l’operazione che stiamo per spiegare, è necessario armarsi di un po’ di pazienza e, in questo caso, anche di una calcolatrice: in tal modo, ottenere la differenza percentuale fra due numeri non sarà affatto difficile.
I dati che occorrono per il calcolo del delta percentuale sono i due valori variabili, fondamentali per scoprire la differenza percentuale. I due numeri necessari sono:
- quello iniziale, che per ragioni di comodità chiameremo Xi
- il numero finale, che indicheremo con la sigla Xf.
Per ottenere il delta percentuale bisogna prima calcolare la differenza tra il rapporto percentuale e 100, che va determinata come segue:
- (Xf / Xi) x 100
Dopo aver individuato il rapporto percentuale, non resta che calcolare la differenza fra quest’ultimo e 100, applicando lo schema riportato di seguito:
- {[(Xf / Xi) x 100] – 100 }%, che diventa {[(Xf – Xi)/ Xi ] x 100}%
A questo punto, sostituiamo il rapporto percentuale con il (Δx100)% per ottenere la variazione percentuale da cui siamo partiti. Se il procedimento non fosse chiaro, ecco un esempio pratico in grado di mostrare come calcolare la variazione percentuale. Mettiamo che il valore iniziale Xi è pari a 10 euro, mentre il valore finale Xf è uguale a 15 euro. Sostituendo i due numeri appena indicati alle sigle Xi e Xf nella formula precedente, avremo:
- {[(15 – 10)/ 10] x 100 }% = {[ 5/10] x 100} %= 50%
Applicando questa formula è possibile ottenere anche valori negativi, soprattutto nel caso in cui il numero iniziale Xi sia maggiore del numero finale Xf. Ecco di seguito un esempio:
- {[(10 – 15)/ 15] x 100 }% = {[ -5/15] x 100} %= -33,3% (periodico)
Cenni storici relativi al calcolo delle percentuali e al simbolo dedicato
Nell’antica Roma, già molto tempo prima della nascita del sistema decimale, i calcoli venivano spesso realizzati usando le frazioni e i multipli delle unità di misura allora impiegate. Alcuni storici dell’epoca riportano che l’imperatore Augusto impose la riscossione di una tassa pari a 1/100 dei beni venduti all’asta. Quest’imposta era conosciuta col nome di centesima rerum venalium: fu stabilita intorno al 6 d.C., contemporaneamente all’introduzione dell’aerarium militare.
Pochi anni dopo, nel 15 d.C. il popolo ne chiese a gran voce l’abolizione, che l’imperatore Tiberio rifiutò; tuttavia, nel 17, all’indomani dell’annessione della Cappadocia, fu ridotta della metà (e il suo nome venne mutato in duecentesima). Nel 38 Caligola decise di abolirla definitivamente, almeno per coloro che vivevano nella penisola italica. Essa, invece, non venne mai eliminata nelle province, come riportato da alcuni scritti di epoca posteriore, tra cui il celebre Codice giustinianeo.
Il calcolo di queste frazioni veniva eseguito usando le percentuali. Inizialmente, tutto ciò non poté che causare grossi disguidi, soprattutto tra la popolazione che non aveva mai ricevuto nozioni scolastiche. L’abitudine ad imporre tasse calcolate sulle percentuali crebbe sempre di più durante il Medioevo, allorquando questo tipo di imposte divenne la norma (basti pensare alle percentuali sulle merci esposte nei mercati che i commercianti dovevano versare all’erario comunale).
A partire dagli ultimi anni del XV secolo, per far fronte ai frequenti disguidi relativi al calcolo delle somme da versare, le formule utili ad ottenere tali valori vennero finalmente introdotte all’interno di alcuni testi aritmetici comunemente utilizzati nelle scuole. Molti di questi volumi applicavano il metodo percentuale ai profitti e alle perdite legati al commercio e ai tassi di interesse maturati dagli istituti di credito.
Il termine per cento (in inglese per cent) deriva proprio dal latino per cento, mentre il segno con il quale viene indicato (%) si è evoluto in seguito alla graduale contrazione del termine italiano per cento. Il “per”, infatti, veniva spesso abbreviato in “p”, finché non scomparve definitivamente dall’uso comune. La parola cento, invece, è stato modificata più volte, utilizzando due piccoli cerchi separati da una linea orizzontale in luogo del numero. Proprio da quest’abitudine deriva il moderno simbolo %. Per tutto il periodo precedente al 1425 non è nota l’esistenza di alcun simbolo speciale impiegato per indicare la percentuale.
A giudicare dalle informazioni presenti nei testi e nei manuali dell’epoca, per specificare i valori percentuali veniva semplicemente utilizzato il termine latino per cento, oppure alcune abbreviazioni scelte in maniera del tutto arbitraria dall’autore del testo in questione (ad esempio Per 100, p 100, p cento, etc.). Esempi di questo tipo possono essere osservati all’interno di alcuni testi aritmetici redatti da autori anonimi tra il XIII e il XIV secolo.
In molti casi, la lettera p presentava il tratto discendente attraversato da una breve linea orizzontale o diagonale. Convenzionalmente, questo segno veniva usato nella paleografia medievale e rinascimentale per indicare i suoni per, por, par o pur. Tra la fine del Trecento e gli inizi del secolo successivo divenne molto diffusa l’abbreviazione “pc”, che poteva essere completata con un piccolo anello o cerchio simile a quello usato nella numerazione italiana per indicare un piazzamento (primo, secondo, terzo e così via).
Entro la metà del XVII secolo, il “pc” con cerchietto annesso finì per evolversi in un segno di frazione orizzontale affiancato da due piccoli cerchi. Come affermato da David Eugene Smith nella sua opera History of Mathematics, pubblicata nel 1925, l’uso della barra obliqua in luogo di quella orizzontale fu introdotto soltanto dopo la prima metà dell’Ottocento, per consolidarsi definitivamente nel corso del XX secolo. Lo stesso Smith scrisse che la barra obliqua era da considerarsi più moderna e accattivante rispetto a quella orizzontale.